CAPITOLO III - I LIMITI ALLA CRESCITA ECONOMICA ALLA LUCE DI ALCUNE ANALISI EMPIRICHE

5.4. Il rispetto dei cicli naturali: problemi e prospettive
Si e' cercato nelle pagine precedenti di illustrare alcuni dei problemi ambientali piu' attuali e potenzialmente pericolosi, non solo per la qualita' della vita sul nostro pianeta, ma anche per le stesse possibilita' di sopravvivenza dell'umanita'.
Quelli esposti non sono gli unici problemi che riguardano l'ambiente, poiche' ve ne sono certamente altri, che potrebbero rivelarsi altrettanto importanti ed urgenti.
Uno di questi e' probabilmente quello legato all'estinzione di tante specie vegetali ed animali, con la perdita di un patrimonio genetico non ancora ben conosciuto e che potrebbe, come e' accaduto in passato, rivelarsi invece utilissimo per il progresso in campi quali la medicina o l'agricoltura.
Se non si iniziera' a valutare seriamente l'impatto ambientale di ogni nuova tecnologia, non si puo' neppure escludere che si vengano a creare altri problemi ambientali, del tutto nuovi, aggravando ulteriormente la situazione.
La distruzione e l'inquinamento di risorse fondamentali quali l'acqua e il clima o l'alterazione di cicli ecologici che garantiscono la fertilita' dei suoli non possono continuare senza comportare prima o poi effetti negativi sullo sviluppo economico.
Coloro che contestano l'idea che vi siano dei limiti alla crescita trovano spesso conferma alle loro tesi confrontando le crescenti possibilita' tecnologiche rispetto alla disponibilita' di risorse materiali. Raramente essi tengono pero' in considerazione il fatto che le tecnologie produttive ed i ritmi di sviluppo economico possono non essere compatibili con alcuni cicli biologici ed ecologici del nostro pianeta.
Scrivendo a proposito dei problemi ambientali, l'economista Ernest F. Shumacher ha sostenuto che il patrimonio naturale dovrebbe essere considerato come un bene capitale: "(...) uno dei piu' fatali errori della nostra epoca e' la convinzione di aver risolto il problema della produzione. Questa illusione e' dovuta principalmente alla nostra incapacita' di riconoscere che il sistema industriale moderno, con tutto il suo sofisticato patrimonio intellettuale, consuma le basi stesse su cui e' stato eretto. Per usare il linguaggio dell'economista, esso vive su un capitale non reintegrabile che tratta invece, allegramente, come fosse una rendita."(112)
Fino ad ora le tecnologie produttive hanno esercitato tutta la loro potenzialita' sulla base di un ampio patrimonio naturale incontaminato. Altre tecnologie potranno reperire nuovi capitali naturali da sfruttare e nuovi cicli ecologici da destabilizzare, ma, molti si chiedono, fino a quando?
"In passato", si afferma nel rapporto "Brundtland", "ci siamo preoccupati degli impatti che la crescita economica aveva sull'ambiente; oggi siamo costretti a preoccuparci degli impatti delle tensioni ecologiche (degrado dei terreni, regimi idrici, atmosfera e foreste) sulle nostre prospettive economiche."(113)
Si puo' quindi ritenere che, molto probabilmente, certi limiti allo sviluppo potrebbero prima o poi manifestarsi con grande evidenza, se l'economia continuasse a non tener conto dell'ecologia.
Bisogna cioe' che si rafforzi la consapevolezza generale che esistono due sistemi complessi: l'ecosistema e il sistema economico. Il secondo puo' svilupparsi solo restando nei limiti imposti dal primo, cercando di orientare le tecnologie in modo da conciliare la produzione con il rispetto dell'ambiente nel suo complesso e, in particolar modo, dei cicli naturali sui quali si basa la vita del nostro pianeta.
Wilfred Beckerman ha sostenuto che la crescita economica spingera' sempre piu' la gente a interessarsi maggiormente alla protezione dell'ambiente e rendera' contemporanemente possibile investire una parte crescente del benessere materiale nella salvaguardia della qualita' ambientale (114).
Questo e' certamente vero e, in parte, sta accadendo in tutti i paesi industrializzati dove i movimenti ecologisti sono sempre piu' forti e gli investimenti nel disinquinamento e per la tutela dell'ambiente sono crescenti. Non si puo' neppure sostenere (o illudersi), pero', che questo sia un processo inevitabile e che tutte le economie siano "predestinate", dopo un periodo inevitabile di massacri ambientali, a salvare l'ambiente.
Da una parte, come ben noto, molti paesi del terzo mondo non avranno per lungo tempo i mezzi finanziari per realizzare certi provvedimenti e, dall'altra, molti paesi industrializzati sono ancora abbastanza indietro in questo campo.
I problemi ambientali sono di tale entita' e con effetti talmente imprevedibili che i tempi di adeguamento delle tecnologie produttive (specialmente nel caso che queste non siano semplicemente da integrare con impianti di depurazione, ma debbano essere gradualmente sostituite da altre) potrebbero rivelarsi troppo lunghi per evitare tragiche crisi ambientali.
I modelli di consumo, sempre piu' elevati, che il progresso economico sembra aver indotto nella gente, possono inoltre costituire un ostacolo "culturale" al cambiamento.
Potrebbe cioe' manifestarsi una riluttanza generale a rinunciare ai crescenti consumi di beni materiali, quando cio' si rendesse necessario per investire in costosi progetti di risanamento ambientale, di adeguamento o di riconversione delle tecnologie produttive.
Infine, anche la tendenza diffusa a preferire i profitti immediati, nel breve periodo, senza tener conto degli effetti a lunga scadenza, puo' essere un serio ostacolo a questo processo.
Sara' quindi uno sforzo politico e culturale di non lieve entita' quello di favorire tecnologie produttive e prendere provvedimenti adeguati ad uno "sviluppo sostenibile".
Nel prossimo paragrafo si illustrera' brevemente in che direzione tali tecnologie e tali provvedimenti potrebbero svilupparsi.

Note

Riferimenti bibliografici


Torna all'indice