Note

(1) cfr. Barbiroli, Savio, Ballini (1982)

(2) Questo pensiero e' stato tratto da Ruffolo G. (1985). Da pag. 56: "Ora, il valore "teleologico" dell'ambiente, come sorgente immediata di godimento cresce con il crescere della potenza produttiva e distruttiva, da un lato, e con il progredire del livello culturale della societa' dall'altro. I costi della crescita non sono solo quelli relativi all'esaurimento e all'inquinamento delle risorse intese come fattori di produzione; ma, sempre piu', quelli relativi alle insoddisfazioni, ai disagi, alle alterazioni penose derivanti dallo sconvolgimento dell'habitat naturale. La "valutazione" di tali valori non e' un fatto tecnico, ma culturale e politico. Non e' desumibile ne' dal mercato effettivo, ne' da un mercato fittizio - costruito sulla base di prezzi ombra - perche' si sottrae alle regole stesse del mercato: alla traduzione delle risorse in merci. Dal momento e nella misura in cui le risorse naturali e ambientali vengono considerate dalla societa' come beni finali, come la salute, l'educazione, la difesa, i termini della loro preservazione devono essere sottratti al giudizio del mercato, e devono essere definiti in sede politica."

(3) cfr. Bresso M. (1982) pag.158

(4) Ovviamente questa considerazione e' valida in relazione a tempi storici.

(5) cfr. Dasgupta P.S., Heal G.M (1979), pag.3. I due autori sostengono che si dovrebbe parlare di risorse esauribili anche nel caso di quelle rinnovabili: "Una popolazione di pesci e' anch'essa una risorsa esauribile. Nonostante possa potenzialmente riprodursi o persino espandersi, una pesca molto intensiva puo' certamente ridurla a zero. Forse anche la terra fertile e' una risorsa esauribile in questo senso: se sovra-sfruttata e male mantenuta, l'erosione del suolo puo' ridurla a terra sterile, come accadde molti millenni fa' in parte di quello che oggi e' il deserto del Sahara". (traduzione mia)

(6) cfr. Bresso M. (1982), pag. 24. L'autrice rileva inoltre che la teoria economica, se puo' indicarci nel prezzo di mercato un buon regolatore della scarsita' (relativa), non dovrebbe "tout court" trasferire le conclusioni di quest'analisi nel campo della scarsita' assoluta: "La distinzione tra scarsita', misura umana e relativa, e finitezza, misura assoluta che non implica necessariamente la scarsita', e' importante perche' il prezzo di mercato puo' essere un buon regolatore della scarsita' senza che, necessariamente, cio' implichi una sua attitudine a organizzare nel tempo lungo in maniera efficace l'uso di una risorsa naturale finita". Come si puo' notare la Bresso preferisce una distinzione tra scarsita' (economica) e finitezza (naturale). Qui' invece si e' preferita la distinzione tra scarsita' relativa (economica) e assoluta (naturale).

(7) cfr. Totola Vaccari M.G. (1988)

(8) cfr. Ruffolo G. (1985), pag. 45

(9) Ha scritto a proposito Tommaso Sinibaldi (1983): "Quindi, per esempio, tutto il lavoro libero e volontario (lavoro delle casalinghe, lavoro svolto volontariamente per l'educazione dei figli, assistenza ai malati, eccetera) non ha per la contabilita' nazionale alcun valore. Cosi' non hanno alcun valore i beni liberamente disponibili: aria, acqua, beni ambientali e culturali, eccetera (...) Se le casalinghe smettessero di un tratto di svolgere il loro lavoro, se l'aria divenisse irrespirabile e l'acqua imbevibile non c'e' dubbio che il mondo si fermerebbe: per i moderni sistemi di contabilita' nazionale pero' non sarebbe accaduto nulla". Cosi', egli aggiunge, si creano certi paradossi, quale ad esempio quello dato dal fatto che se un bambino piccolo sta a casa con la madre il PNL e' a un certo livello, mentre se invece va all'asilo il PNL viene incrementato del prezzo pagato dalla famiglia per questo servizio. Quindi il PNL, in questo caso, contabilizza come nuovo un servizio che in realta' veniva gia' svolto anche prima, e forse molto meglio, dalla madre. Si puo' anche aggiungere alle considerazioni di Sinibaldi che il PNL non puo' contabilizzare la "qualita'" dell'educazione ricevuta dal fanciullo, dal momento che nulla ci garantisce che l'asilo rappresenti necessariamente un miglioramento.

(10) cfr. Martirani G. (1989), pag. 310

(11) cfr. Ruffolo G. (1985), pag. 46

(12) Scrive cosi' Giuliana Martirani (1989), pag 310 : "Dal Pnl e' dato, infatti, lo stesso posto a 1000 dollari di alimenti e a 1000 dollari pagati a degli operai per fare delle buche e poi riempirle. Cosi' un'epidemia di influenza, con il suo aumento del consumo di medicinali, si traduce in un aumento del Pnl. Un terremoto con tutte le sue conseguenze di ricostruzione e' "buono" per il Pnl (...). "Ottima" poi, per il Pnl e' la guerra con l'intensificazione della domanda di nuova produzione: carri armati, esplosivi, aerei (...)".

(13) cfr. Giarini O. (1980) e Giarini O., Louberge' H. (1978)

(14) cfr. Ruffolo G. (1985), pag. 46

(15) Sinibaldi (1983), pag. 53 evidenzia che "se viene costruita una fabbrica il Pnl viene incrementato per un importo corrispondente al valore degli investimenti effettuati (e cio' e' ragionevole), ivi comprese anche le eventuali apparecchiature antinquinamento che siano state installate: che e' evidentemente assai meno ragionevole. Difatti quelle apparecchiature non costituiscono in realta' un valore aggiunto, ma piuttosto un valore da dedursi, perche' servono a ripristinare le condizioni ambientali precedenti la costruzione della fabbrica. In altri termini in questo caso il sottosistema monetarizzato computa come valore aggiunto cio' che semplicemente serve ad evitare che si produca una riduzione di valore nel sistema non monetarizzato di beni liberamente disponibili".

(16) Si veda per esempio Mishan E. (1976)

(17) Mi sembra interessante sottolineare come queste problematiche sui cosidetti "costi dello sviluppo" non possono che intrecciarsi con quelle relative all'esistenza di limiti alla crescita e proporre interessanti considerazioni. Se si suppone l'esistenza di limiti alla crescita economica e se questa comporta comunque, oltre ad un certo punto, costi ambientali e sociali rilevanti, allora uno sviluppo improntato piu' sulla qualita' che sulla quantita' diventa non solo necessario ma addirittura auspicabile. Certamente, se non si pone l'attenzione sulla questione dei limiti alla crescita, la considerazione che, da un certo punto in poi, sara' auspicabile o inevitabile occuparsi dei problemi relativi alla qualita' della vita puo' sembrare relativa piu' che altro alle cosidette "economie del benessere". In questo caso per i paesi in via di sviluppo, si porrebbe innanzitutto solo il problema di raggiungere gli altri. Se invece si pensa che il problema ambientale e delle risorse naturali investa il pianeta intero, limitandone la possibile crescita economica, e' allora evidente come i paesi in via di sviluppo dovrebbero crescere senza ripetere gli stessi errori di quelli sviluppati e contemporaneamente come esista un problema di distribuzione delle risorse non solo intergenerazionale ma anche internazionale. I problemi relativi ad eventuali limiti alla crescita economica e alla necessita' od opportunita' di uno sviluppo improntato sulla "qualita' della vita", dovrebbero quindi essere visti tenendo conto dei grandi problemi del terzo mondo e delle esigenze legate allo sviluppo di questi paesi. Non sara' qui' possibile analizzare questi problemi, ma e' inevitabile qualche richiamo ad essi (e comunque era necessario ricordare che esistono).

(18) cfr. Giarini O., Louberge' H. (1978)

(19) il lavoro di questi autori e' citato in Sinibaldi T., pag. 55

(20) cfr. Martirani G. (1989), pag. 310

(21) cfr. Martirani G. (1989), pag. 311. L'autrice qui' cita l'Indice di benessere popolare di A.Tevoidjre, l'Indice della Qualita' Fisica della Vita (Iqfv) del gruppo statunitense Overseas Development Council, il Gpid - Progetto sugli Obiettivi, Processi e Indicatori di Sviluppo del gruppo di Montreal a cura dei professori K. Valaskasis e I. Martin, l'indice della Global Compassion and Compulsion di W. Eckhardt del Canadian Peace Research Institute di Oakville (Ontario).

(22) cfr. Martirani G. (1989), pag. 307

(23) cfr. Gritti R., Barbieri Masini E. (a cura di) (1981), pag. 240. Scrive Roberto Gritti: "Il ruolo centrale dell'idea del progresso nella cultura occidentale ha fatto si' che divenisse il valore fondamentale della civilizzazione e dunque, nel modello di sviluppo conseguente, l'ideologia legittimante. J.Bury afferma che "quest'idea significa che la civilta' si e' mossa, si muove e continuera' a muoversi in una direzione desiderabile". E questo e' il messaggio insito nel modello occidentale di sviluppo."

(24) Per un esempio di questo dibattito vedere Gritti R., Barbieri Masini E. (a cura di) (1981)

(25) cfr. Brundtland G.H. (1988), pag. 71

(26) Si veda per esempio Tiezzi E. (1984), pag. 189

(27) Un'ipotesi di "crescita zero" potrebbe essere definita la proposta finale del rapporto del M.I.T. al Club di Roma, cfr. Meadows D.H. e altri (1972), dove si propone il cosidetto "stato di equilibrio globale", con popolazione, capitale e produzione pro-capite costanti nel tempo. Per le critiche a tale concetto di "crescita zero" si veda, per esempio, "Sviluppo zero alla sbarra", in Mondo Economico del 31 marzo 1973.

(28) cfr. Ruffolo G. (1985), pag. 66

(29) per il concetto di "stato stazionario" cfr. Daly H.E. (1974), cfr. Daly H.E. (1981); l'argomento sara' comunque ripreso nel paragrafo 3 del capitolo II.

(30) cfr. Tiezzi E. (1984), pag. 190

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