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Ciclotours

La Sardegna,
da Cagliari ad Olbia

1996

descr.gif (288 bytes) By Luigia Pignatti e Massimo Muzzolon

Scheda di viaggio Il viaggio ci ha visti percorrere con il rampichino 637 km (45.5 km al giorno di media), di cui più di un terzo su strade non asfaltate, anche con fondo terroso.
Abbiamo cercato sempre percorsi non asfaltati, non tanto per il traffico, problema quasi inesistente nelle zone interne, ma per percorrere antichi tracciati, che passano per valli, boschi e pascoli testimoni di vicende passate e altrimenti non visibili; inoltre si ha la sensazione di essere immersi nel paesaggio, il silenzio e la quiete rendono così la tappa riposante, almeno per la mente!
Il nostro equipaggiamento comprendeva anche la tenda, che però abbiamo usato solo in tre tappe sulla costa, in quanto nelle zone interne non abbiamo mai trovato campeggi attrezzati.
La cartografia utilizzata è stata quella della De Agostini, in scala 1: 200.000, più alcune cartine IGM e altre, trovate su guide turistiche locali nelle località interessanti da noi attraversate.

Abbiamo trovato utile inoltre la lettura o la consultazione dei seguenti testi:
Casu-Lai-Pinna "Guida alla Natura in Sardegna" - Ed. Archivio Fotografico Sardo/NU
Casu-Lai-Pinna "Guida alla Flora e alla Fauna della Sardegna" - Ed. Archivio Fotografico Sardo/NU
"Guida cicloturistica della Sardegna" Casa Emmaus - Gruppo Exodus/Iglesias
Diversi articoli apparsi sulle riviste "Airone" e "Itinerari".

Indirizzi per richiedere materiale informativo:
Enti Provinciali per il Turismo:
CAGLIARI : Piazza Deffenu, 9 - 09125 Cagliari
Tel. 070 - 651698 - 654811
Fax 070 - 663207

NUORO: P.zza Italia,19 - 08100 Nuor
Tel. 0784 - 30083 - 32307
Fax 0784 - 33432

Associazione Agrituristica di cui fanno parte gli agriturismi da noi visitati:
Terranostra - Via Sassari, 3 - 09100 Cagliari - Tel. 070-668367


PRIMA TAPPA: CAGLIARI - CAPOTERRA - SANTADI
(Monti del Sulcis)
km: 66 Cagliari - Santadi ;
dislivelli: 0 - 473 (Passo Arcu su Schisorgiu) - 59

(Monti del Sulcis)
km: 66 Cagliari - Santadi ;
dislivelli: 0 - 473 (Passo Arcu su Schisorgiu) - 59

Arrivo a Cagliari con traghetto: ore 10.00.
Per uscire da Cagliari, che comunque merita una visita anche solo veloce su e giù per la collina che ospita la città e le sue chiese, palazzi e giardini, e andare verso Capoterra si deve seguire a malincuore la superstrada che porta a Pula, in quanto tutte le stradine secondarie sono interrotte da canali e stagni, e i vecchi ponti sono stati distrutti. Una volta oltrepassato il Giorgino (famosa spiaggia di Cagliari) si può o deviare verso la zona industriale di Machiareddu (un tempo era la Palude di Machiareddu, ora stanno cercando di bonificare dagli scarichi industriali la zona umida rimasta) che però non offre molti servizi come negozi o bar, e proseguire direttamente per S. Lucia di Capoterra oppure seguire la statale che diventa a due corsie e pericolosa per il traffico pesante che transita a forte velocità e girare poi per Capoterra (bel paesino dotato di ogni servizio) e da qui proseguire verso la Comunità Montana, segnalata da cartelli, che si trova proprio lungo la strada giusta che giunge al ponte sul Riu S.Lucia. Qui giunti, girando a sinistra ci si trova subito di fronte alla chiesetta di S.Lucia.
Tra i grossi carrubi e oleastri vi è una piccola area per la sosta con tavoli e panche di roccia. La macchia intorno è formata da cisti, ruta, sughere, lentisco, fillirea, timo, cardi... Non c’è invece nessuna fontana o sorgente visibile per l’approvvigionamento d’acqua, solo il torrente.
Dalla chiesetta, la strada asfaltata prosegue fino a un bivio: a sinistra si va a Santadi, a destra all’oasi di Monte Arcosu gestita dal WWF, zona di protezione dove vive il Cervo Sardo. Proseguendo per quest’ultima direzione la strada diventa subito sterrata e segue il corso del torrente in fondovalle fino alla sbarra e al casottino d’entrata dell’oasi, aperta e visitabile (secondo il cartello esposto) il Sabato e la Domenica.
Lungo il torrente che scorre in fianco alla strada c’è una sorgente, basta chiedere ai pastori di cui si vede la casa e il "cuile" (ricovero per le pecore) poco prima dell’entrata dell’oasi verso sud per avere indicazioni precise, se no basta scegliere la strada sterrata giusta che scende verso il letto del torrente (Canale Guttureddu) e cercare.
Dalla strada si possono godere le fioriture degli oleandri che seguono perfettamente il letto del torrente e la folta e verdissima vegetazione creata dagli ontani e dai salici. Vi sono pozze di acqua abbastanza profonde da tentare anche un bagno, tenendo presente che l’acqua è gelida, ma pulita e trasparentissima.
Dal bivio in direzione di Santadi la strada prosegue asfaltata per un breve tratto, poi diventa sterrata e polverosa. Segue la valle attigua a quella dell’Oasi WWF, e sale pian piano tenendosi vicina al ruscello di fondovalle (Riu Gutturu Mannu) e attraversandolo ogni tanto.
L’unico bivio che si trova in direzione di Santadi è quello per le miniere di S.Leone, che si lascia quindi sulla sinistra curvando verso destra nella valle principale lungo la strada che porta al passo Arcu su Schisorgiu e poi scende alle foreste di S.Pantaleo. La salita attraverso il bosco è piacevole, lunga e molto panoramica, si incontrano anche un lago artificiale e a due terzi circa di strada verso il passo sulla destra, sotto un pioppo bianco, una sorgente d’acqua fresca e buona.
Dal passo e lungo la discesa si può godere del panorama dei monti attorno, con picchi dalle forme strane e monti che si accavallano uno davanti all’altro, in apparenza senza nessun insediamento umano e guardando indietro si può spaziare (se c’è limpido) fino agli stagni di Cagliari.
Si incontrano vari "cuili", con pecore soprattutto, segno che qui l’attività dominante è la pastorizia.
La strada è in discesa fino a Terrasoli. Si incontra scendendo il complesso minerario di S.Pantaleo, i cui edifici sono ora dell’Azienda Regionale delle Foreste sarda. In pochi minuti si giunge a Santadi.

Viveri , pernottamento
In paese ci han detto che chiedendo si può piantare la tenda nei dintorni degli edifici della forestale (a S.Pantaleo) chiedendone il permesso al custode. In questo caso per i viveri bisogna andare fino a Terrasoli (3.5 km da S.Pantaleo), che è una piccola frazione di Santadi, dove c’è anche una "Paninoteca", oppure a Santadi, bel paese con un ottimo ristorante e un negozio di gastronomia da asporto, oltre agli altri servizi. Per pernottare in albergo bisogna proseguire fino a Giba (10 km da Santadi), dove c’è la Locanda "Rosella", ristorante molto rinomato anche se familiare, dove preparano da mangiare piatti tipici.

Alcuni luoghi interessanti da segnalare nei dintorni
La foresta di S. Pantaleo è una delle più interessanti della Sardegna (Lecceti, querceti, macchia, vegetazione ripariale); sulla strada che la percorre vi si incontrano "fattorie" con forni di fango per la cottura del pane, a forma emisferica caratteristica. Da diversi punti iniziano strade sterrate e sentieri anche impegnativi che portano sulle cime dei principali monti.
Gli edifici minerari di S.Pantaleo, ottocenteschi, ora del demanio, erano utilizzati per produrre esplosivo, tannino e carbone vegetale da parte di una società francese, la cui attività è cessata nel dopoguerra.
A circa 6 km a sud di Santadi, presso il M.Meana (m 236), si trova la grotta di "Is Zuddas", aperta al pubblico e illuminata. La si raggiunge da Santadi Basso, superando le frazioncine di Barrua Basciu e di Su Benatzu (sono presenti i cartelli indicatori)

SECONDA TAPPA : GIBA - VILLAPERUCCIO - NARCAO - TERRASEO - GONNESA
(Zona dell’Iglesiente)
km: 40 ; dislivelli : 59 (Giba) - 125 (Narcao) - 300 (passo) - 100 (bivio per Corongiu) - 400 (passo per Gonnesa) - 42 (Gonnesa)

Da Giba si percorre la strada sterrata che parte nei pressi della caserma dei Carabinieri e porta verso il lago Monte Pranu. Quando la strada curva nettamente a sinistra (e va direttamente al lago artificiale), si prosegue sul tratto che va invece verso destra; si guada un torrentello e si prosegue sulla strada principale (tra rimboschimenti di eucalipti) verso Villaperuccio. E’ tutta strada bianca. Il paesaggio è molto bello e diverso dalle montagne del Sulcis: qui è tutto coltivato e pianeggiante, con colline poco rilevate. A Villaperuccio la strada diventa asfaltata, ci si tiene a sinistra e passato il torrente si gira a destra (vi sono le indicazioni) per Narcao. Anche questo tratto è molto bello: si passa tra coltivi, macchia e boschi di querce, si costeggia a tratti il torrente pieno di rigogliosa vegetazione: oleandri, ontani, salici ed enormi eucalitti.
Nel paesino di Narcao si trovano tutti i servizi. Si attraversa il paese e usciti da esso si prende verso destra lungo il torrente e tra le colline per la strada asfaltata che porta a Terraseo. Si incontrano lungo la stretta valle i boschi di querce, la macchia, esemplari molto vecchi di olivastro e di querce, una cava in attività e poi campagna aperta fino al paesino di Terraseo.
Due chilometri prima del paese sulla destra si trova una strada bianca che permette di arrivare nella piana dell’iglesiente (a Villamassargia) attraverso le montagne interne lungo un percorso su strada sterrata. Oppure si può arrivare a Terraseo e prendere una strada sterrata che va verso nordest, seguendo il fondovalle e poi alzandosi fino a un piccolo passo per poi scendere dopo diversi tornanti (in uno degli ultimi sulla destra vi è una sorgente) fino al bivio della strada asfaltata che porta a sinistra a Carbonia, a destra a Villamassargia e dritto a Iglesias. La strada sterrata prima del bivio, verso la fine della discesa, diventa asfaltata. Il percorso è bellissimo e passa attraverso le montagne in cui l’attività umana è appena percepibile. Si incontra solo qualche pastore motorizzato.
Al bivio si prosegue a sinistra (verso Carbonia) ma giunti all’altezza del paesino che giace sulle colline a sinistra (Corongiu), dove si trova un piccolo cavalcavia, lo si imbocca ma non si supera perchè si prosegue subito a destra lungo l’ampia strada bianca che passa prima sul Riu Troncia e poi sulla ferrovia Carbonia–Cagliari . Questa strada bianca porta a una cava ancora in uso. Qui si prosegue salendo (con la lingua fuori) fino alla forcella (è una vera e propria rampa per i primi 80 metri circa): al bivio si prende a sinistra e si scende fino nella valle che porta a Gonnesa, tenendosi sul versante di sinistra. Qui la strada sterrata prosegue quasi pianeggiante percorrendo la valle e pian piano alzandosi rispetto al torrente che scorre al di sotto. A sinistra del sentiero si incontra una vecchia "calcara" (grande forno di pietra a torre dove fino a qualche decennio fa si cuoceva la roccia calcarea per ottenere la calce) e se ne può osservare un’altra giù nella valle. Era probabilmente la strada principale per arrivare alle calcare, che servivano i paesi limitrofi; è quasi pianeggiante e larga come una carrareccia.
A un certo punto il versante e la strada svoltano a sinistra e si scoprono così all’improvviso i resti del vecchio complesso minerario di Gonnesa, inglobato nella lussureggiante vegetazione che lo ha invaso. E’ formato da grandi edifici abbandonati con i resti di quella che doveva essere una villa con giardino. Il tutto è adesso sommerso di vegetazione, e percorso dalle capre e dalle pecore dei pastori che intorno hanno i loro ricoveri. Vi sono pini, lecci, cipressi, eucalipti e querce di notevoli dimensioni. La nostra mente prova a immaginarsi scene quotidiane: sembra impossibile che qui fino a pochi decenni fa le strade brulicassero di persone!.
Si prosegue in discesa verso Gonnesa. Nel paese si può pernottare nell’unico albergo esistente gestito da una vecchia signora, Maria Murgia. L’interno è caratteristico, con le scale che salgono alle camere attorniate da vegetazione ben tenuta. Meno bella ma pulita la sala da pranzo, diciamo di tipo "familiare".

Viveri , pernottamento
In paese c’è la Locanda-albergo della Sig.ra Maria Murgia, tel. 0781-45104, in Piazza Asquer n. 11, la seconda piazzetta del paese.
Nei dintorni c’era un campeggio ma nel 1996 non è stato aperto (era a Fontanamare, a 5 km da Gonnesa, sul mare).
Per mangiare, in paese oltre al nostro albergo c’è una pizzeria e appena fuori dal paese, verso Carbonia, c’è un agriturismo in cui si può mangiare (stanno dotandosi di camere), però non ci ha ispirato molto; abbiamo saputo inoltre che a Fontanamare ci sono altre due pizzerie.

Alcuni luoghi interessanti da segnalare nei dintorni
Gli edifici minerari
Il mare e, le spiagge, bellissimi.
Gli edifici minerari
Il mare e, le spiagge, bellissimi.

TERZA TAPPA: GONNESA - NEBIDA - MASUA - BUGGERRU - S.NICOLAO
(Zona litoranea sud occidentale)
km: 30 ; dislivelli: 42 (Gonnesa) - 500 (passo per Montecani) - 0 (Cala Domestica) - 300 (altopiano per Buggerru) - 0 (S. Nicolao)

Da Gonnesa si raggiunge la SS. 126 e la si imbocca verso destra fino al bivio per Fontanamare, che si trova dopo circa 800 m. Qui si gira a sinistra e si va verso la frazione passando tra collinette basse ricche di vegetazione mediterranea. Si prosegue per la strada asfaltata che comincia a salire verso Nebida. Dall’alto, sulla strada quasi a picco sul mare si possono ammirare le bianche spiagge del Golfo di Gonnesa, le falesie a picco sul mare, la bassa vegetazione tipica delle rocce metallifere sferzate continuamente dal forte vento del mare. Sopra Fontanamare si può vedere ancora integro un piccolo tunnel tutto di muratura, che serviva a portare il materiale prodotto dall’alto fino a valle. Il tunnel è una lunga scalinata coperta da un volto in muratura continuo che porta alla apertura principale di una torre, che ha le dimensioni di una ciminiera.
Più avanti (e più in alto) si può ammirare il mare stupendo e trasparente, i candidi spuntoni calcarei del Pan di Zucchero (141 m s.l.m.) di fronte a Masua e il color vinaccia scuro delle rocce metallifere che attorniano il complesso minerario di Nèbida, visitabile da sentieri che partono dal centro del paesino. Per i frettolosi c’è anche una passeggiata (o pista ciclabile come è stata in quest’occasione) abbastanza breve e circolare che permette di vedere abbastanza da vicino il complesso.
Tutta la zona costiera era sede di importanti complessi minerari, che infatti si susseguono. Da essi, posizionati spesso su rocce accidentate e a picco, vi erano sbocchi sul mare (mediante gallerie come quelle descritte o mediante scivoli di metallo o strade ferrate con vagoni trainati da bestiame) dove veniva imbarcato il materiale estratto.
Si prosegue sempre in leggera salita fino a Masua. Da qui è possibile o scendere al bellissimo mare attraverso cave e vecchie miniere per arrivare alla bianca spiaggia di fronte al grande scoglio di Pan di Zucchero, oppure girare a destra inoltrandosi nella valle del M.te S.Pietro. Noi giriamo a destra tra i faraglioni di roccia che sembrano inaccessibili e selvaggi, mentre si scoprono poi vecchi tracciati di carrarecce con tanto di segnali stradali che probabilmente servivano le miniere, con percorsi incredibili lungo gli unici punti accessibili tra le rocce. A piedi si può percorrere buona parte della costa seguendo le vecchie carrarecce fatte per gli spostamenti tra i complessi minerari.
La strada subito diventa sterrata e sembra incredibile che sia l’unica che collega in modo veloce le località situate lungo questa costa. L’esiguo traffico è costituito da furgoni frigoriferi, camion vari, turisti, locali. E’ proprio una normale strada di passaggio. Dopo aver abbandonato il fondovalle si cominciano a salire i tornanti che portano verso sinistra, sotto il Monte Guardianu, al vecchio passo (500 m s.l.m. circa) dove sorge ancora, ma è piuttosto malandata, una casa cantoniera.
Da qui si dà un ultimo sguardo alla valle appena risalita e al mare lontano e poi si scende verso le località Montecani e Acquaresi, dove la strada riprende ad essere asfaltata. Questa valle è molto verde, come un po' le nostre valli alpine. Nel fondovalle vi sono piccole colline che presentano aree acquitrinose negli avvallamenti che le separano. Verso il fondo della valle vi è un piccolo laghetto artificiale. I due piccoli agglomerati di case presenti non sono più abitati, sono fatiscenti e anche qui si nota un piccolo complesso minerario la cui cessata attività è stata forse la causa dell’abbandono delle abitazioni da parte della popolazione che viveva proprio grazie all’intensa attività estrattiva locale.
Più avanti si trova il bivio per Cala Domestica, distante 2 km percorsi in discesa per giungere su una bellissima spiaggia che una volta era un comodo scalo minerario in quanto situata in una insenatura tra le rocce al riparo dal vento, che in questo tratto di costa infierisce molto, come ci hanno spiegato i locali. Sono rimasti i percorsi minerari, ora vere e proprie passeggiate, per cui si può percorrerli e oltrepassare l’insenatura arrivando sulla costa ventosa, sui cosiddetti fiordi.
Nell’insenatura non vi è nessun insediamento né baracchette di bar o altro, almeno adesso che non è alta stagione.
La valletta che si percorre in discesa per arrivarvi è ricca di formazioni boschive, la cui visione rende piacevole la risalita necessaria per proseguire poi sulla strada principale che, inerpicandosi sul Monte Palma, tra piante di euforbie rosse e arancio, verde macchia mediterranea e ruderi minerari (Loc. Planu Sartu), ci porta fino sopra un altopiano da cui si domina il bel paese di Buggerru, e dove si può già vedere da lontano la bellissima e lunghissima spiaggia di S. Nicolao fino al porticciolo di Portixeddu e poi il lungo e stretto promontorio di Capo Pecora, inizio della rinomata Costa Verde.
Scendendo vertiginosamente mediante due ripidi tornanti si giunge a Buggerru. Qui si trovano viveri, bar e quanto può offrire un paese piuttosto grosso e popolato in riva al mare.
Salendo e scendendo per le strade di Buggerru ci si innesca nella strada litoranea che porta alla frazione di S.Nicolao. In realtà, in queste zone le strade litoranee sono tutt’altro che pianeggianti, in quanto la costa è quasi tutta montuosa e a picco sul mare, per cui si continua a salire e scendere e salire e scendere... Il panorama che si presenta è veramente stupendo, continuando a variare ad ogni saliscendi. La cosa più bella poi è che anche se si entra nelle valli laterali per poi riuscire sulla litoranea, si vede sempre e comunque il mare in lontananza, come un polo di attrazione sotto il sole.

Viveri , pernottamento
A Buggerru ci sono alberghi o alloggi piuttosto costosi, poiché è zona di forte richiamo turistico.
A S.Nicolao non abbiamo visto negozi, solo un campeggio per camper e roulotte, costituito da 5-6 piazzole a picco sul mare e esposte al vento continuo. Se sono libere lasciano piantare le tende. Il campeggio è di proprietà del gestore della pizzeria-trattoria posta nei pressi, molto rinomata per il pesce e la pizza.
Anche a Portixeddu, 4-5 km più avanti, praticamente in fondo alla lunga spiaggia, vi sono dei ristoranti e trattorie (è una località turistica frequentatissima il Sabato e la Domenica) che offrono soprattutto pasti a base di pesce ma non solo.
A Buggerru ci sono alberghi o alloggi piuttosto costosi, poiché è zona di forte richiamo turistico.
A S.Nicolao non abbiamo visto negozi, solo un campeggio per camper e roulotte, costituito da 5-6 piazzole a picco sul mare e esposte al vento continuo. Se sono libere lasciano piantare le tende. Il campeggio è di proprietà del gestore della pizzeria-trattoria posta nei pressi, molto rinomata per il pesce e la pizza.
Anche a Portixeddu, 4-5 km più avanti, praticamente in fondo alla lunga spiaggia, vi sono dei ristoranti e trattorie (è una località turistica frequentatissima il Sabato e la Domenica) che offrono soprattutto pasti a base di pesce ma non solo.

Alcuni luoghi interessanti da segnalare nei dintorni
Dall’inizio alla fine di questa tappa si possono visitare i vari complessi minerari di Nebida, Masua, Buggerru.
Particolarmente suggestivo a Buggerru è lo spettacolo della grande miniera di Malfidano, con escavazione a giorno.
Le spiagge più rinomate sono quelle del Golfo di Gonnesa (a Fontanamare), di Masua (con di fronte l’enorme scoglio bianco del Pan di Zucchero), di Buggerru, ma soprattutto il tratto che da S.Nicolao va a Portixeddu, dove la spiaggia è situata in una lieve insenatura lunghissima (3-4 km) e piuttosto larga, che conserva le caratteristiche delle spiagge naturali, avendo una folta vegetazione alle spalle. Il Sabato e la Domenica dall’Iglesiente e da Cagliari arrivano frotte di pendolari. Il mare è bellissimo.
A S.Nicolao, proprio sotto la trattoria-pizzeria c’è una sorgente di acqua, che però è stata manomessa e il luogo completamente stravolto dalla costruzione di una strada sopraelevata e dai lavori di ristrutturazione della trattoria. Ci sono rifiuti e forse qualche fogna che si innesca nei pressi.
Il paesino di S.Nicolao è formato da casette singole con giardini ricchi di folta vegetazione. All’entrata del paese vi è un bel capitello, che segna il punto dove la vecchia strada arrivava e si addentrava nel paese. Percorrendola lo si oltrepassa e poi si giunge, varcando un piccolo valico, alla piana dell’Iglesiente.

QUARTA TAPPA: S.NICOLAO - VALLE DI S.LUCIA - INGURTOSU - PISCINAS - ARBUS (Zona litoranea sud occidentale)
km: 26 S.Nicolao- Arbus; dislivelli : 0 - 200 (valle S.Lucia) - 100 (innesto con SP 131)-  480 (Cantoniera Bidderdi) - 400 (agriturismo "Sa perda marcada")
km: 22 Arbus- Spiaggia di Piscinas -Arbus ; dislivelli: 400 - 0 - 400

Partendo dal capitello che segna la via di accesso dalla provinciale al paese di S.Nicolao, si attraversa tutto il paesino e si prosegue per la strada che diventa sterrata. Dopo poco essa si infila in una valle e si innalza mediante agili tornanti fino ad una piccola forcella. Si incontrano alcuni ricoveri per pecore e pastori e se ci si volta indietro si vede lo splendido mare che ci si è lasciati alle spalle. Oltre la forcella si apre un’altra valle , più ampia, ricca di vegetazione e di acqua, presente con piccoli rii, laghetti, fontane e sorgenti.
La vegetazione è peculiare, e rispecchia le caratteristiche del terreno, che a tratti è formato da vere colline di sabbia portata dal vento nell’interno (dune di S.Nicolò), ricoperte da un immenso rimboschimento di pini domestici di cui i più grossi sono autoctoni, con chioma grande e enormi tronchi; è qui presente anche la rara quercia spinosa. Più all’interno il suolo si presenta più evoluto e vi si trovano ginepri secolari, olivi selvatici, lentischi, euforbie arboree, con colori che variano dal giallo all’arancio fino al rosso, pini, lecci, querce, latifoglie varie.
Nei prati verdissimi e ricchi di erba "grassa" vicino al laghetto più grande pascolano alcune mucche, animale raro qui, per la povertà di nutrimento della vegetazione dei pascoli, più adatti a pecore e capre.
Superato l’ultimo ponte la strada sale sul versante destro della valle che poco dopo svolta e porta verso colline con campi coltivati, finché spostandosi verso est scende verso la provinciale 131 che, provenendo da Fluminimaggiore, porta ad Arbus.
Si svolta a sinistra in direzione Arbus e si comincia a salire. Si incontra un cartello che indica la strada per raggiungere un enorme e plurisecolare pino domestico, che si erge su un piccolo pianoro poco al di sopra della strada.
Subito dopo, la provinciale comincia a salire veramente, con tornanti molto comodi e larghi, con vista sulle infinite cime di montagne e relative valli a perdita d’occhio. Si scorgono numerosi ovili di legno, greggi, resti di piccoli complessi minerari, strade sterrate che si addentrano nelle valli, che risalgono le cime nude dei monti (il più alto è il Monte Linas), che si perdono nella folta macchia o nei boschi impenetrabili. Le uniche cose che non si vedono mai sono i centri abitati. Sembra spopolato, e questo dal punto di vista visivo è molto riposante.
Si sale fino a m 482, al passo Bidderdi, dove c’è una vecchia e cadente casa cantoniera.
La discesa porta a un bivio per una vecchia colonia penale, quindi prosegue, tra pascoli, sughere, querce, lecci, in un saliscendi tranquillo, fino a un bivio in Loc."Sa Perda Marcada", che è anche il nome dell’agriturismo che vi si trova e dove ci fermiamo. Poco prima di questo, un altro bivio segnalava a qualche chilometro nell’interno un altro agriturismo.
Svoltando a sinistra al bivio in Loc. "Sa Perda Marcada" (400 m s.l.m.), si può raggiungere il vecchio sito minerario di Ingurtosu, comprendente un intero paese abbandonato, con edifici interessanti dal punto di vista architettonico, in stile piuttosto signorile. Più in basso si trovano gli edifici più propriamente minerari, come i lavatoi e infine si scende percorrendo la vecchia via ferrata su cui i carri di minerali trainati dai cavalli giungevano al mare, fino alla favolosa spiaggia di Piscinas, con alla spalle gigantesche dune di sabbia, vere piccole montagne, popolate da secolari ginepri, sia della specie fenicea che della specie coccolone, e dalla macchia tipica delle dune. Dalla spiaggia si gode un panorama che comprende da un lato Capo Pecora, dall’altro le montagne del guspinese, con le inconfondibili cime intorno al Monte Arcuentu.
La risalita (400 m di dislivello) è piuttosto tranquilla, perché la strada, in gran parte sterrata, è ben congegnata e giungiamo al tramonto all’agriturismo.

Viveri , pernottamento
Per i viveri bisogna raggiungere Arbus; per il pernottamento, la colazione il pranzo e la cena vi sono alcune strutture agrituristiche, che sarebbe meglio avvertire comunque in precedenza. Negli agriturismi non abbiamo mai trovato soluzioni molto economiche, noi qui siamo stati ospitati dalla famiglia di Franco Coronas, all’agriturismo proprio al bivio tra la provinciale prima di Arbus e Ingurtosu. E’ un posto molto bello perchè c’è sempre fresco e in poco tempo si può arrivare al mare o fare giri in bici (il rampichino qui è l’ideale) o a cavallo. Fanno da mangiare bene e abbondante.
Noi siamo stati ospiti dell’agriturismo in Loc. "Sa Perda Marcada" (Arbus/CA) di Gianfranco Corona: Tel. 070 - 9758714

Alcuni luoghi interessanti da segnalare nei dintorni
I villaggi abbandonati di Ingurtosu, Montevecchio, Casargiu, Gennamari sono splendidi esempi da "leggere" per indovinarne la vita, che si è fermata non moltissimi anni fa. I complessi minerari sono sorti nel XIX secolo, ospitando fino a un migliaio di operai, e sono stati abbandonati a partire dal 1964.
Il mare di Piscinas, con l’immensa spiaggia e alle spalle la poderosa formazione di dune, unica nell’isola per dimensioni e caratteristiche paesistiche: è un vero e proprio deserto di circa 3 km², dove alle montagne di sabbia alte fino a 50 m ancora "vive", cioè in movimento, si alternano quelle ormai consolidate, con la presenza di ginepri plurisecolari.
La foresta situata tra Montevecchio e il mare, di proprietà della locale società mineraria, ospita ancora un gruppi di cervi sardi.

QUINTA TAPPA: ARBUS - GUSPINI - PABILLONIS - SARDARA - COLLINAS - VILLANOVAFORRU - LUNAMATRONA - PAULI ARBAREI - TUILI - BARUMINI
(Piana del Campidano, altopiano della Marmilla)
km : 58 ;
dislivelli: 400 - 42 (Pabillonis) - 202
(Piana del Campidano, altopiano della Marmilla)
km : 58 ;
dislivelli: 400 - 42 (Pabillonis) - 202

Dall’agriturismo di Sa Perda Marcada si raggiunge Arbus lungo la strada asfaltata che passa attraverso queste montagne coltivate in modo molto ordinato a olivo soprattutto, talvolta a vigneto, con viti basse, e frutta varia, nonché, dove c’è disponibilità di acqua, a orti.
Superato il paese, si giunge al punto più alto della provinciale per cominciare a scendere fino a Guspini. La visuale si apre sulla Piana del Campidano, unica vera grande pianura sarda. La nostra strada si vede già: dritta, verso nord, come una strada romana.
Guspini è posto proprio ai piedi delle montagne, da qui si ricomincia a pedalare verso Pabillonis, attraversando la distesa pianura dove si incontrano i resti delle ultime colline di sabbia che rendevano tipico il paesaggio di questa zona; pian piano sono state tutte distrutte dalle "bonifiche" del territorio, attuate in massima parte con piantagioni di specie australiane (gli eucalipti). In questo modo si sono distrutte la particolare piccola flora e fauna di quelle "dune di pianura" che caratterizzavano il paesaggio del luogo.
Nel piccolo ma suggestivo paese di Pabillonis c’è una trattoria molto spartana, che il sabato e la domenica è anche pizzeria.
Dopo aver attraversato il passaggio a livello della stazione di Pabillonis (linea ferroviaria che da Cagliari porta a Sassari e Olbia) proseguiamo verso le Terme di Sardara, piccolo raggruppamento di impianti termali e case che ci sembra un’oasi nella piana del Campidano scottata dal sole del primo pomeriggio.
Nel paesino vi sono alberi di eucalipto enormi e altissimi, che forniscono un’ottima ombra. Qui c’è la chiesetta di Santa Maria des is Acquas, nonché una lottizzazione per fornire il luogo di un secondo, di dimensioni però almeno doppie rispetto all’attuale, centro termale.
Dopo una decina di chilometri lasciamo la piatta pianura per salire sulle dolci colline che portano a Collinas, Villanovaforru, Lunamatrona. Questi villaggi sono piccoli ma ancora intatti nelle loro strutture urbanistiche e architettoniche: viuzze strette in un continuo saliscendi, corti racchiuse da archi con portoni di legno su cui sono ricavate due piccole porticine in genere con decorazioni in legno intagliato, visuali di giardini interni, cortili ricchi di vasi traboccanti di fiori, chiese con cupole dorate ...
Percorriamo le strade più antiche, lasciando stare le nuove arterie o le circonvallazioni (si fa per dire) dei paesi.
Tra Collinas e Villanovaforru una strada sterrata sulla destra porta ai resti di un nuraghe situato in cima alla collina, con una visuale panoramicissima su tutta la zona a nord. Intravediamo quella che pensiamo sia la nostra tappa di arrivo per oggi: Barumini e la Giara di Gesturi, con la vasta pianura ai suoi piedi.
Il nuraghe è interessante da visitare, ci sarebbe anche un museo da vedere, ma non c’è tempo. A Lunamatrona ci fermiamo al bar del paese, pieno di uomini che guardano la partita in TV. Poi proseguiamo scendendo alla piana della Marmilla e dirigendoci per stradine secondarie verso Tuili, ultima tappa prima di Barumini. La pianura è in gran parte coltivata a cereali, di colore dorato, e erba, con distese a verde che comprendono le aree pascolate da pecore. Caratteristico è lo stagliarsi delle colline perfettamente coniche, di sicura origine vulcanica, spesso con resti di fortificazioni e castelli sulla cima (Cast. di Sardara, Cast. di Marmilla o di Las Plassas).
E’ un continuo dolce saliscendi tra le colline, ma dopo l’ennesimo passo ci appare il complesso di Nuraghe su Nuraxi, uno dei più grandi complessi nuragici sardi. Lo visitiamo in fretta perchè ormai è sera e dobbiamo ancora trovare una sistemazione, visto che preferiamo non usufruire dei due alberghi segnalati nella zona. Al bar di Barumini, a 2 chilometri circa dal villaggio nuragico, chiedendo ci danno l’indirizzo di una vecchia signora che aveva un’attività di affittacamere, e, ora che è andata in pensione, ... continua tale attività.
La sua casa è molto bella, le camere ricavate al piano di sopra sono piccole ma dignitose, come anche il resto della casa, per cui decidiamo di fermarci. Per mangiare la nostra ospite ci indica un locale appena aperto, raggiungibile a piedi in pochi minuti (soprattutto se si riesce a districarsi nelle viuzze del paese oltretutto poco o per nulla illuminate). Il ristorante è ricavato in una corte del paese ristrutturata in modo eccezionale dalla Regione Sarda, e data in gestione a una cooperativa di ragazzi/e che fanno dai cuochi ai camerieri.
Effettivamente si mangia molto bene, anche se alcuni soci si dimostrano alquanto maldestri. La coordinatrice invece ci sa davvero fare, così i cuochi e le cuoche e rimaniamo piuttosto soddisfatti.
Ritorniamo passeggiando, per digerire, fino alla casa che ci ospita, a cui si accede da un cancello di ferro e attraverso un cortile pieno di vasi di fiori e adorno di una grande buganvillea in piena fioritura, e finalmente andiamo a nanna.

Viveri , pernottamento
Ci sono 2 -3 alberghi a Barumini e stanze private come quelle della signora Giannetta, detta "Nedda". Per trovarla abbiamo chiesto al bar-pizzeria al crocevia del paese. Ci sono 2 -3 alberghi a Barumini e stanze private come quelle della signora Giannetta, detta "Nedda". Per trovarla abbiamo chiesto al bar-pizzeria al crocevia del paese.

Alcuni luoghi interessanti da segnalare nei dintorni
Il villaggio nuragico di Nuraghe su Nuraxi, la Giara, l’altopiano della Marmilla, con i vari cocuzzoli e castelli, passando per le stradine di campagna, un saliscendi che vi può portare in luoghi panoramici e isolati. Il traffico è praticamente nullo.
Per gli appassionati delle cavalcate, alla Giara di Gesturi vi è un maneggio a disposizione dei turisti

SESTA TAPPA: BARUMINI - GONNOSNO’ - GIARA DI GESTURI - BARUMINI
(Giara di Gesturi)
km 35 ; Dislivelli: 200 - 560(Giara) -200

Per salire alla Giara di Gesturi vi sono oggi molti accessi. Un tempo esistevano solo mulattiere impervie (dette "scale") ed era un luogo difficilmente raggiungibile. La Giara è un altopiano basaltico(roccia poco soggetta ad erosione) posto a circa m 580. Si erge sulla pianura con pareti bruscamente interrotte da scarpate. La superficie superiore è un tavoliere di 12 km di lunghezza e largo in media 4 km. I margini sono a picco e si allargano come un piedistallo, con ampie falde e scarpate fertilissime di roccia molto erodibile.
Era una vera e propria acropoli difesa sull’orlo da molti nuraghi a guardia degli accessi che salivano dal sottostante piano. Ora ogni Comune a cui appartiene un pezzo di Giara ha aperto una strada per arrivarvi dal proprio paese. L’accesso più frequentato, comodo, perchè asfaltato, e ampio è sicuramente quello dal villaggio di Gesturi.
Noi tentiamo di salire da Gonnosnò, per affrontare la traversata della Giara, scendere poi a Gesturi e tornare a Barumini, tracciando così un percorso circolare. Da Barumini a Gonnosnò si attraversano, per strade secondarie in parte ancora sterrate, i paesini di Tuili, Setzu, Genuri e Sini. Anche in essi si possono vedere le tipiche corti con le entrate ad arco con tetto di tegole e portali di legno con due porte, spesso ornate da lavori a intaglio.
Arrivati a Gonnosnò e trovata la strada giusta, asfaltata solo fino ad un’area da pic nic (nella stagione giusta il luogo si riempie di turisti locali e non) ci accorgiamo che la rampa sterrata di accesso che porta al tavoliere, non è molto utilizzata, anzi in cima alla salita c’è una rete, un cancello e una sbarra che chiudono la strada. Con nostra sorpresa però scopriamo che la sbarra e il cancello sono tranquillamente apribili e capiamo perciò che probabilmente è stata bloccata l’uscita dalla Giara, più che l’entrata, e sicuramente non agli uomini bensì agli animali che vivono lassù (i famosi "cavallini" della Giara). Non c’è nessun cartello o avviso, per cui passiamo richiudendo il cancello alle nostre spalle ed entriamo finalmente sopra e dentro "Sa Giara".
Si avverte un’atmosfera selvatica, come se l’uomo frettoloso e consumista di oggi lì non metta piede, la stessa sensazione che si ha negli immensi pascoli a macchia della Sardegna.
Qui è tutto piano, non ci si orizzonta e se non ci fosse il tracciato della strada sterrata da percorrere ci si perderebbe immediatamente. Oggi il cielo è coperto, per cui senza sole è ancora peggio. Non ci resta che seguire la sterrata e andare avanti.
La vegetazione è a macchia mediterranea: cisti, lentisco, fillirea, corbezzolo, mirto, olivastro. L’alto del pianoro si stende, perfettamente livellato, dalla quota di 580 m a sud est fino alla quota di 500 m circa a nord ovest, salvo due piccoli conetti vulcanici detti Monte Zapparedda (m 609), presso il margine sud est, e Monte Zéppara Manna (m 580), verso l’estremità opposta.
L’attrattiva faunistica della Giara sono i "cavallini", chiamati un tempo "is acchettus". Vivono in piccoli gruppi familiari guidati da uno stallone. I caratteri principali di questi cavalli, che sono qui allo stato brado da tempi pare immemorabili, sono la grande rusticità, la taglia piccola, la resistenza e il colore del manto.
Sulla Giara vi sono anche estesi boschi di roverelle e sughere, con esemplari anche molto grossi e vecchi. E’ in questi boschi che i cavallini trovano rifugio e ombra. Vi sono inoltre i cosiddetti "Paùli", grandi specchi d’acqua non profondi, lame d’acqua, che in estate si disseccano quasi completamente. Essi danno luogo a vaste aree irrigate, dove fino a primavera inoltrata si trova erba fresca e acqua per l’abbeveramento (per la fauna naturalmente). In primavera si può assistere anche alle incredibili fioriture del ranuncolo d’acqua nei paùli e di asfodelo nei prati, oltre alle varie specie di cisto, bianche, rosa e gialle.
Interessanti sono anche i resti delle capanne dei pastori, ancora ben conservate, e le rovine dei presidi nuragici. L’unico momento in cui capiamo dove siamo è quando incontriamo i diversi accessi alla Giara, in quanto i sentieri sono provvisti in genere di segnaletica che indica il comune verso cui si può scendere, o comunque se uno è tabellato, si sa da quel punto a quali comuni portano i successivi accessi.
Non incontriamo assolutamente nessuno (neanche i cavallini!), tanto che tutto questo silenzio mi fa un po' paura, finché alla fine li vediamo: una famiglia intera con prole, veri cavallini della Giara. Sono molto sospettosi ma riusciamo ad avvicinarci e anche a scattare una foto di gruppo. Soddisfatti usciamo all’accesso per Gesturi, dove vi è anche un maneggio molto famoso. Da qui scendiamo per una ripida strada a tornanti che ci porta al bel paesino di Gesturi, molto caratteristico, che visitiamo.
Proseguiamo per un tratto sulla strada per Barumini e poi, incuriositi, proviamo a seguire la traccia della vecchia ferrovia, ora dismessa (sarebbe un’ottima pista ciclabile alternativa alla strada!) ma percorribile in rampichino e arriviamo alla vecchia stazione di Barumini, vicino al municipio. E’ ormai sera, già pregustiamo la cena alla trattoria ‘Sa Lolla.
Un’altra giornata trascorsa nel silenzio e nel deserto umano dell’impareggiabile paesaggio della Sardegna. In effetti girando in bici sembra di saziarsi di qualcosa che da noi è perduto o forse non è mai esistito: spazio sconfinato o confinato da barriere naturali e non umane, costruito da eventi geologici antichissimi, milioni di anni prima del sorgere delle Alpi e della comparsa dell’uomo, ma anche paesaggio seminaturale modellato dall’uomo, che ci è molto caro, da uomini che l’hanno utilizzato per sopravvivere e vivere in questi ambienti particolarmente difficili.

Viveri , pernottamento
Aggiungiamo che mangiare in qualsiasi posto in Sardegna costa, però si mangia molto bene. A Barumini siamo stati al ristorante "Sa Lolla" (La Pergola), ma in qualunque posto abbiamo trovato sempre verdure e carni buone. Solo nei paesi montani la verdura talvolta scarseggiava a tavola, ma olive e patate in genere ci sono sempre. Aggiungiamo che mangiare in qualsiasi posto in Sardegna costa, però si mangia molto bene. A Barumini siamo stati al ristorante "Sa Lolla" (La Pergola), ma in qualunque posto abbiamo trovato sempre verdure e carni buone. Solo nei paesi montani la verdura talvolta scarseggiava a tavola, ma olive e patate in genere ci sono sempre.

SETTIMA TAPPA: BARUMINI - GERGEI - MANDAS - SEUI
(verso il Gennargentu)
km: 16 + treno da Mandas a Seùi
dislivelli: 202 - 491 in treno: 491 - 800

Da Barumini percorriamo la strada principale verso est, fino al paese di Gergei, dove troviamo tutti gli abitanti in piazza indaffarati a chiacchierare, mentre la parte alta del paese, dietro la caratteristica chiesa, è deserta e silenziosa; l’aspetto è tipico, con le solite corti chiuse da muri e con i portali di legno che guardano tutte verso la piazzetta, una struttura rimasta intatta fino ad oggi. A un tratto si sente l’arrivo di un cavallo al trotto, che si ferma davanti ad una porta, dove scende il cavaliere, entra in una corte e tutto ridiventa silenzioso. Quasi tutti qui, come in molte altre zone della Sardegna, sanno andare a cavallo e ne possiedono uno.
Da Gergei scendiamo al Riu Murera e da qui proseguiamo per una strada sterrata che guada il torrente; teniamo la destra due volte ai bivi e poi saliamo un versante che porta gradualmente alla stazione ferroviaria di Mandas, all’inizio del paese. Facciamo provvista di pane e companatico e aspettando il treno che ci porterà a Seùi consumiamo il pasto nel bel giardino davanti alla stazione, ben ombreggiato da enormi esemplari arborei.
Le "Ferrovie della Sardegna", gestite dalla Regione, possiedono binari a scartamento ridotto e da Mandas a Seùi per circa tre ore seguono un percorso tortuoso e in costante ascesa. Servivano un tempo (fine ‘800) per il trasporto di materiale estratto dalle miniere, oltre che per trasporto di persone e fino a pochi anni fa di notevoli quantitativi di merci verso l’interno e viceversa.
Saliamo su vecchie carrozze blu e grigie, appena rimesse a nuovo; una è adibita a bagagliaio e perciò vi sistemiamo le nostre bici coi bagagli. Noi ci andiamo a sedere sui rossi sedili del vagone passeggeri assieme a molti altri locali.
Il panorama a cui assistiamo e che ci si apre a poco a poco davanti, anzi di fianco, è del tutto inaspettato. Il treno infatti passa in luoghi impervi, tra rocce e dirupi, in mezzo a boschi fitti di lecci e roverelle, sopra altopiani nudi, vicino a paesini piccoli e raccolti, a nuraghi, torrenti, laghi attraversando anche il Flumendosa alla base del versante che porta a Villanova Tulo e al Sarcidano ma che noi lasciamo alla nostra destra per risalire le sponde nord est del Lago Flumendosa.
In modo lieve ma continuo il treno sale fino sull’altipiano di Sadali (Pranu Murdegu), passando ai piedi dei paesi di Nurri e Orroli.
Cominciamo ad avere le prime immagini del Gennargentu e del versante soleggiato dove giace Seùi, vecchio paese minerario della Barbagia situato a 800 m e che è la nostra tappa odierna e la stazione di arrivo.
Scaricate le bici facciamo le ultime pedalate nelle stradine strette del paese fino alla Locanda (l’unica) dove ci sistemiamo per la cena e la dormita, dopo aver passeggiato per la via principale del paese, che ospita ben 13 bar nel giro dei 2-3 km che ci sono dall’inizio alla fine. In effetti il bello dei paesi della Sardegna è che iniziano e finiscono in modo netto, mentre noi siamo abituati a centri storici contornati da case, condomini, casette quartieri nuovi che sfilacciano i confini dell’abitato, a volte proseguendo lungo la strada fino al paese successivo. Qui non è così: ogni paese è definito e non ci sono prolungamenti. Se ne avvantaggia il paesaggio, in quanto l’urbanizzazione è "concentrata" lasciando spazio alla porzione seminaturale del territorio.

Viveri , pernottamento
A Seùi vi è una Locanda nella via centrale (Via Roma n. 72; Deidda Salvatore è il cuoco, con la moglie e i figli - tel. 0782-54621) che fa da mangiare bene e ha camere nuove. Le bici si possono parcheggiare sulla terrazza, basta chiedere.
Per dormire una notte in pochi non abbiamo trovato altro, a parte sul Tonneri chiedendo ai pastori, che lasciano volentieri piantare le tende per qualche notte; sono ospitali e curiosi, se gli chiedete e gli andate a genio vi fanno anche assistere alle operazioni per fare il formaggio: è molto emozionante e sembra di assistere ad un "rito di vita".
I viveri si possono trovare a Seùi, dove c’è anche una pizzeria in fondo al paese verso Sadali, che fa ottime pizze e cucina molto bene anche il pesce, soprattutto di Domenica. C’è anche una rosticceria con pizza da asporto, ma la sconsigliamo.
Il paese più vicino è Sadali (9 km di saliscendi). Non sappiamo se ci sono posti dove pernottare.

Alcuni luoghi interessanti da segnalare nei dintorni
Seùi è un paese di origine mineraria (carbone soprattutto), molto bello da visitare, posto su un versante abbastanza ripido; passeggiando su e giù tra le viuzze, a volte vere scalinate, si può visitare il vecchio carcere spagnolo e, a piedi o in bici, avendo due ore di tempo si può fare un giro alle vecchie miniere di S.Sebastiano, dietro e sopra al paese, dove tra l’altro si trovano i preziosi vigneti dei Seuesi.
Nei dintorni c’è la Grotta is Janas (la grotta delle fate), grotta sotterranea molto grande, vicino a Sadali, assolutamente da non perdere, dove vi è anche un percorso lungo strette gole e canyon formate da un affluente del Flumendosa. Questo posto è sempre pieno di turisti sardi domenicali, in macchina o in corriere. A Sadali vi sono sorgenti di acqua molto rinomate, dove chiunque può bere e riempirsi borracce, bottiglie, canestri ecc.; tutto questo territorio (Barbagia di Seulo) è ricco di sorgenti e di boschi lussureggianti, compresi i castagneti, dove solo da qualche anno i locali hanno imparato a raccogliere i funghi mangerecci.
Da Seùi vi sono parecchie strade non ancora bitumate che portano verso il Gennargentu da diversi punti, attraverso le montagne impervie della zona. Ogni percorso riserva bellissime sorprese a chi ama "leggere" il paesaggio e le infrastrutture tipiche, per scoprire la personalità dei sardi, soprattutto dei pastori, ma anche per scoprire come era un tempo la vegetazione, i boschi e cosa ne è rimasto.
Per avere una veduta stupenda a perdita d’occhio si deve andare sul torrione di Perda Liana, m 1293, verso il Monte Tonneri.

OTTAVA TAPPA: SEUI - MONTE TONNERI - ARBATAX -SEUI
(Monti del Gennargentu - Barbagia - Ogliastra)
km : 80 + ritorno in treno
dislivelli: in bici 800 - 1011 (bivio per Montarbu) - 991 (Passo Genna e Medau) - 1027 (S’Arcu e su Pirastu Trottu) - 595 (Lanusei) - 0; in treno 0 - 800

Da Seùi si prosegue verso nord per la strada provinciale che porta alla Cantoniera Arcuerì e poi a Ussassai e Jerzu. Noi però, dopo aver cercato in alternativa una vecchia carrareccia che però è troppo malmessa, deviamo per una strada secondaria asfaltata (purtroppo) due anni fa e che ci porta in alto verso la foresta di lecci del Monte Tonneri, che fa parte del complesso dei Monti del Gennargentu e si trova a circa 15 chilometri da Seùi. Qui il bosco è recintato per difenderlo dagli animali che sono nel pascolo praticamente esteso per tutto il rimanente territorio. La Foresta di Montarbu, così si chiama, è gestita dall’Azienda Foreste Sarda, che da anni lavora, nel bene e nel male, per tutelare almeno quello che resta delle antiche selve di lecci e roverelle. La cima più alta del massiccio che presenta da nord una forma di corona con pareti inaccessibili, è Punta Margiani Pobusa, luogo di "vedetta" nella stagione degli incendi e quindi panoramicissimo. Si può raggiungere solo a piedi per impervi sentieri, e sembra un luogo magico.
In questi boschi si trovano enormi lecci, di cui uno in particolare è veramente un gigante. Vi è un sentiero che porta al suo cospetto, basta chiedere alla forestale a Seùi o alla "casermetta" della forestale all’interno di Montarbu. Il pericolo, qui come in moltissime zone della Sardegna, è di perdersi, perché la morfologia sembra fatta apposta per disorientare il camminatore incauto. Questo succede perché vi è un continuo saliscendi e un continuo cambiamento di direzione con vallette, chiarie e boschi che appaiono molto simili e traggono in inganno, anche perché finché non si giunge in cima non si ha una visuale panoramica bensì ristretta agli spuntoni calcarei che si elevano intorno. Il percorso è incredibile, tra torrenti , praterie che improvvisamente aprono verdi varchi nel folto e scuro bosco di leccio, quasi buio, come è tipico di questa pianta.
Per entrare e passeggiare occorre comunque il permesso della forestale, a Seùi o nella casa citata che si trova nel mezzo della proprietà. Nella foresta vivono cinghiali, mufloni, volpi, daini e moltissimi altri animali. E’ interessante vedere che qui dove c’è più fresco e umido si trovano piante che da noi sono considerate di ambienti caldi o luoghi aridi, per cui si impara molto anche solo osservando.
Noi proseguiamo verso il passo di Genna ‘e Medau, dove si trova anche un nuraghe in buono stato, e poi a S’Arcu e su Pirastu Trottu, (letteralmente: l’arco e il perastro storto) a 1027 metri, punto più alto per oggi. Ci accompagna la vista un po' dovunque del monte Perda Liana, con il suo pinnacolo calcareo di forma caratteristica, tale che si distingue bene da molti altri luoghi anche lontani.
Scendiamo finalmente verso la valle del Flumendosa, e vediamo le cime del massiccio del Gennargentu, pelate e percorse da nuvoloni che volano via veloci portati dal vento che quasi sempre soffia qui (secondo alcuni il nome del massiccio vorrebbe significare "Porta del Vento", oppure anche "porta d’argento").
C’è una deviazione a sinistra che si inoltra nella stupenda, verde e boscosa valle del Flumendosa verso il Gennargentu, mentre noi teniamo a destra e corriamo in discesa verso il lago artificiale che forma il Flumendosa sotto Villanova Strisaili, dove purtroppo arriva la costruenda superstrada da Nuoro, che consiste in un enorme viadotto di cemento che passa sopra ogni cosa, comprese le pluricentenarie leccete di Villanova, tagliate senza problemi, proprio un disastro.
Da dove passiamo noi comunque per ora non è ancora visibile e passiamo a saliscendi in mezzo a dolci colline, tra rimboschimenti di pini di tutti i tipi, nella macchia, costeggiando in parte il lago, dove sulle ampie rive pascolano soprattutto mucche con i vitellini, oltre a pecore e cavalli.
Arriviamo al ponte sul Flumendosa dove il lago termina e il corso d’acqua scorre tra rive piene di vegetazione riparia, ontani, salici, pioppi e molti arbusti; è un rigoglio incredibile. Qui passiamo davanti alla stazione di Villagrande (il paese però è distante 4-5 chilometri da qui e non si vede). Oltrepassiamo il ponte e ci immettiamo sulla provinciale per Lanusei: ci sembra trafficatissima, in confronto alle altre strade dove non si incontrano che uno o due pastori motorizzati. Qui possono transitare senza difficoltà anche i camion, cosa che non succede spesso sulle stradine della Barbagia.
Ci coglie un acquazzone, ma non c’è nessun riparo, per cui proseguiamo fino a Lanusei, dove arriviamo un po' bagnati e infreddoliti: ma già sta uscendo il sole e ci fermiamo nel centro storico di questo ben sviluppato paese (c’è il servizio di bancomat!) a gustare un gelato e asciugarci.
Da qui affrontiamo la discesa fino alla piana di Tortolì e Arbatax, sulla costa. Ad Arbatax c’è molto traffico e dobbiamo percorrere la strada principale per raggiungere la stazioncina appena restaurata delle Ferrovie della Sardegna, che è proprio sul molo del porto.
Qui ci caricano le bici solo insistendo e perché sono gentili e non ci sono che 3-4 passeggeri oltre a noi. Infatti sul tratto Arbatax-Seùi quel giorno hanno utilizzato un’automotrice, che non era provvista di bagagliaio. Infiliamo i nostri mezzi a due ruote in una delle due strette cabine di guida non utilizzata dal conduttore e aspettiamo la partenza.
Il percorso, che si snoda dal livello del mare fino a Seùi, a 800 metri di quota (!), è piacevolissimo e rende in pieno la visione del paesaggio di questi luoghi; a noi è sembrato pieno di sorprese come un grande gioco studiato apposta da una mente, con tutti i possibili paesaggi, cunicoli, rocce, strapiombi e quant’altro sia possibile, e per di più è anche vero!
E’ interessante vedere l’organizzazione che c’è dietro al funzionamento di questa ferrovia: le persone addette alla chiusura e apertura dei passaggi a livello (ognuna ne ha più di uno, perché il percorso della linea è talmente tortuoso che in macchina si arriva velocemente a chiudere il passaggio a livello successivo), gli scambi manovrati a mano, ecc.
La fermata principale è Lanusei, che si trova a mezza costa, ma da cui si vede il mare che è a un quarto d’ora circa di macchina. In pratica vi si trovano tutti i servizi, che da all’interno invece scarseggiano.
A Lanusei scendono praticamente tutti i passeggeri. Ora ci si inoltra nei luoghi più interni, piuttosto isolati, dove è più facile viaggiare con la corriera.
Arriviamo a Seùi dopo circa tre ore, soddisfattissimi di aver scansato la salita di 800 metri e affamati.
In paese è in atto la passeggiata serale, dove i giovani a gruppi (in genere donne e uomini sono in gruppi separati) percorrono i due-tre chilometri della strada centrale del paese, strettissima e piena di macchine parcheggiate e in transito, fino all’ora di cena. I vecchi sono raggruppati su panche o muretti nelle piccole piazzette (è il loro posto abituale). Le mogli sono a casa a far da mangiare, i bar sono pieni di uomini che bevono l’aperitivo. Noi suscitiamo la curiosità e i commenti degli abitanti e proseguiamo fino in fondo al paese dove c’è la nostra locanda. Stasera però andremo a mangiare la pizza nell’unica pizzeria-ristorante del paese.

PER LE NOTIZIE, VEDI TAPPA PRECEDENTE

NONA TAPPA : SEUI - GADONI - MONTI DEL GENNARGENTU - FONNI
(Barbagia - Massiccio del Gennargentu)
km: 73 ; dislivelli: 800 - 540 - 1273 (Punta Marcusa) - 1121 (Arcu Guddetorgiu) - 1245 (S’Arcu de Tascussi) - 950 (Riu Aratu) - 1000 (Fonni)

Questa tappa si snoda attraverso il massiccio del Gennargantu sul lato sud e ovest, su strade che ormai sono asfaltate.
Da Seùi andiamo verso sud lungo la provinciale che porta a Cagliari, verso Sadali-Mandas, però prima di Sadali giriamo a destra per Seulo e Gadoni. La strada si restringe e si snoda in continui saliscendi tra rimboschimenti di pini, boschi originari di lecci, macchia e pascoli. Il colore dominante è il verde, nelle varie sfumature, con fioriture bianche di cisti e gialle di ginestrine e citisi: quest’anno la stagione è indietro e riusciamo a vedere le ultime fioriture. Non c’è, come sempre, nessuno per strada, solo vicino a Seùlo incontriamo due donne in costume tradizionale, con una cesta piena di verdure sulla testa (vengono dal loro prezioso orto, che tradizionalmente sono le donne a coltivare) che stanno andando verso il paese. Passiamo veloci il paese, perchè in discesa, accompagnati dagli sguardi sorridenti dei locali, seduti sui gradini delle case o in gruppi a chiacchierare nelle piazzette.
Tra Seulo e Gadoni fino a tre anni fa la strada non era asfaltata, ora è stata allargata (mi pare esageratamente per i limitati fruitori) e purtroppo "raddrizzata" tagliando la roccia retrostante.
Si vedono i torrioni di roccia che delimitano il canyon scavato dal fiume Flumendosa, che passa poco prima di Gadoni. Qui il vecchio ponticello con la strada a tornanti che vi arrivava è per noi un sollievo alla vista, rispetto al nuovo viadotto costruito sul fiume, che qui è poco più che un torrentello. Quel nuovo enorme ponte ci sembra il monumento alla stupidità umana. Lo passiamo in fretta per arrampicarci sui nuovi tornanti che hanno smembrato la franosa salita che porta a Gadoni. Qui dei bambini in rampichino cercano di fare a gara con noi e vorrebbero provare le nostre bici, soprattutto incuriositi dal bagaglio che ci portiamo dietro, ma vengono ripresi dai genitori.
A Gadoni si può fare la spesa, anche se non tutti i pochi negozi presenti hanno il frigorifero, per cui affettati e formaggi non confezionati non sempre si possono trovare. In realtà qui ognuno ha l’orto e conosce dei pastori che fanno formaggio, per cui non ha bisogno di molto. Per esempio il latte sicuramente non lo troverete fresco mai, perché lo prendono direttamente dai pastori. Per avere quello "da supermercato" bisogna in genere ordinarlo il giorno prima.
In tutti i negozi anche se le donne hanno piuttosto fretta di tornare a casa ci fan sempre passare davanti a tutti, come per renderci omaggio come ospiti.
Questo di Gadoni è l’ultimo paese che attraverseremo oggi, poi fino a Fonni non incontreremo più centri abitati. In un piccolo giardino pubblico fuori dal paese facciamo uno spuntino e riempiamo le borracce alla sorgente del paese, prima della salita che ci porterà sui passi montani del Gennargentu e poi giù (si fa per dire) a Fonni.
Il tempo è un po' incerto, le cime sono coperte da nubi, ma qui si radunano sempre lì, sopra la cima più alta, poi il vento le porta via. Così succede infatti e al bivio della Cantoniera Cossatzu lasciamo la strada per Aritzo sulla sinistra e prima di salire verso Punta Marcusa facciamo la vera sosta-pranzo.
Il panorama è molto bello, all’orizzonte si vede praticamente fino a Oristano, giù verso il Monte Arcuentu.
La punta più alta che vediamo è S’Arcu de Tascussi, a 1245 m. Ci fermiamo a una forcella (Arcu Guddetorgiu), perché si vede la valle che ci separa dalla cima del Gennargentu, Punta La Marmora. In questa valle vive ancora quello che resta dell’immensa foresta di lecci secolari che una volta copriva tutto il massiccio del Gennargentu.
Si incontrano ogni tanto dei ripari fatti a capanna con dei pezzi di legno secco di leccio e frasche.
All’Arcu di Tascussi facciamo una foto ricordo, e poi scendiamo al ponticello che ci permette di attraversare la valle del Rio Aratu, oltre la quale si sale a Fonni. Salendo vi sono boschi molto belli, con roverelle, agrifogli, lecci, noccioli, fiori di Digitale rossa e molti altri. Come si esce dalla valle e si cambia versante, spaziando oltre il Gennargentu a ovest, si apre la piana di Fonni fino a Pratobello. A nord resta Il Bruncu Spina (m 1829), unica area sciistica del massiccio montuoso, con impianti di risalita. Lassù c’è un rifugio, e sopra ancora la cima da cui si può godere di un panorama unico.
Prima di Fonni c’è una indicazione di un agriturismo, ma siamo ancora alti e c’è freddo, per cui preferiamo scendere a Fonni, che comunque è sempre a 1.000 m di altitudine.
La piana sotto Fonni è costituita da prati verdi delimitati da siepi con alberi enormi e radi di roverella e pascolati da greggi.
Arriviamo quasi al buio a Fonni e cerchiamo un posto da dormire privato perchè gli alberghi sono piuttosto cari in quanto qui è un luogo molto turistico. Troviamo un vecchietto che ci accompagna da una signora che però non ha posto e ci manda da una vecchietta che vive con una madre vecchissima. Sono entrambe vestite con il costume tradizionale. Hanno delle belle stanze grandi, un vero piccolo appartamento, che ci faranno poi pagar caro, però la mattina dopo ci forniscono di colazione con latte fresco, caffè oltre a biscotti e dolcetti sia fatti da loro che comprati.
Fonni è un tipico paesino di montagna, con viuzze strette e ripide, una via centrale anch’essa stretta e una bella chiesa parrocchiale nella parte alta del paese.

Viveri , pernottamento
L’agriturismo prima di Fonni si chiama Muggiana, Tel. 0782- 57579 - 0338-477289
A Fonni ci sono almeno due alberghi, piuttosto cari. La nostra affittacamere si chiama:
Loi Biccone Via Spanu, 7 - Tel. 0784 - 57628

Alcuni luoghi interessanti da segnalare nei dintorni
Escursioni al Bruncu Spina: la cosa più gratificante, ci han detto, è di salire al rifugio alla sera e poi la mattina riuscire a raggiungere la cima prima dell’alba per vedere il panorama: assicurano che sia fantastico.
Da qui si possono fare altre escursioni sul Gennargentu, anche a cavallo.

DECIMA TAPPA: FONNI - PRATOBELLO - ORGOSOLO - OLIENA
km: 36 ; dislivelli: 1000 - 393 (Riu Sorasi) - 379 (Oliena)

Riprendiamo la strada scendendo verso Pratobello, passando per il lago artificiale Govossai, in cui si specchia il Gennargentu, che ci subito dopo alle spalle.
Scendiamo tra prati e pascoli fitti di alberi, tra cui enormi e secolari roverelle, e in poco tempo arriviamo a Pratobello. Questo nome è assurto a località conosciuta perchè vi è un’uscita della superstrada Nuoro-Olbia; in realtà non c’è un paese ma solo qualche casa senza negozi o bar. Passiamo sotto il cavalcavia della superstrada, peraltro deserta, e prendiamo una strada non ancora asfaltata che ci porta verso Orgosolo. Si passa attraverso una piana pascolata coperta in parte da alberi di leccio molto grossi con la chioma bassa completamente rasata dagli animali pascolanti. Sembra che un giardiniere volenteroso abbia tagliato la chioma da terra fino a circa 1 metro di altezza in modo perfetto.
Vi è un agriturismo molto bello, il posto è tranquillissimo e in una posizione ideale perché da qui si possono fare numerose escursioni nei posti più belli del Supramonte di Orgosolo. Però per noi è troppo distante da Orgosolo e scendiamo verso il paese. Incontriamo l’insegna per un campeggio (Camping Supramonte) che non sapevamo ci fosse, e prendiamo nota per una eventuale prossima volta.
Entriamo a Orgosolo anche per rifornirci di viveri e mangiare. Vorremmo trovare qualche trattoria o pizzeria ma c’è tutto chiuso, per cui ci fermiamo a guardare le case dipinte con disegni di tutti i generi, anche di protesta, a ricordo di qualche personaggio o qualche fatto, ecc.
Comprando qualche cartolina cominciamo a parlare con il tabaccaio che scopriamo essere un suonatore di fisarmonica e uno dei cantori del coro di Orgosolo, che canta nel modo tradizionale, detto"a tenores". Da noi sono più conosciuti i Tenores di Bitti; ci piacerebbe comprare un disco dei tenores di Orgosolo, ma in bici non si può portare. Nel suo negozio di souvenir e artigianato scopriamo che ha anche un paio di Launeddas, antico strumento a fiato sardo.
Qui c’è molto caldo rispetto a Fonni, e mangiamo perciò all’ombra che offrono le piante del giardino pubblico di Orgosolo, in compagnia di anziani del paese.
Per andare a Oliena facciamo la strada vecchia, non asfaltata, che passa per la discarica a cielo aperto di Orgosolo, qui tutti i paesi ne hanno una, sempre poco visibile ai turisti frettolosi in automobile.
La strada non è molto ben tenuta nella zona di Orgosolo, mentre è meglio verso Oliena, forse perché nell’ultimo tratto vi sono gli orti degli abitanti. Si incontra una casa cantoniera abbandonata ma ancora in buono stato, vegetazione molto bella, a tratti invadente la strada. Vi sono boschi e macchia alta, con vegetazione interessante, per esempio il Viburnum tinus (lentaggine).
Verso Oliena la zona si fa più frequentata e si vedono tutti i pezzettini di orto con le casette per gli attrezzi, tra fichi d’india, mirti e corbezzoli. Dopo le ultime curve, che sono asfaltate, entriamo nel paese, posto ai piedi della montagna calcarea del Supramonte. Con questo termine si designa la catena di monti soprastanti il paese di Oliena e Orgosolo (Supramonte di Oliena e Supramonte di Orgosolo), i più alti dopo il Gennargentu, raggiungendo i 1463 m alla Punta Corrasi.
Il Supramonte qui a Oliena presenta pareti a picco per centinaia di metri, con numerose voragini (Nurres) frastagliate. Al tramonto, il bianco candido delle pareti si colora di rosa e viola offrendo uno spettacolo stupendo. Da sopra il monte si può godere del panorama verso la costa est, verso il Gennargentu a Sud e a nord verso le vallate e l’altopiano di Bitti chiuso dalle montagne galluresi.
Nel paese ci sono i segnali che indicano l’ufficio di informazioni turistiche, ma continuiamo a girare e non lo troviamo. Davanti alla chiesa principale chiediamo notizie e ci dicono che non c’è più quell’ufficio. Ci danno il nome di un’azienda agrituristica in paese, e, dopo aver assistito al passaggio di una processione di donne in costume per un funerale, ci andiamo. La signora che lo gestisce ci fa entrare nel corridoio che porta al piccolo cortile antistante l’abitazione, dove mettiamo le bici. E’ una casa ristrutturata apposta per ospitare persone. La nostra stanza è a pianterreno. Il bagno è in cortile.
Abbiamo dei guai con una bici, e l’unico posto dove troviamo qualcuno che ci può aiutare è da un gommista. Girando per il paese si trovano numerosi punti panoramici, con veduta sulle valli vicine, e proprio di fronte su Nuoro e i monti adiacenti.
La sera pranziamo, complice un concorso tra ristoranti, in un locale rinomato (Cikappa), scegliendo un menù fisso a prezzo ragionevole (ci pare che in Sardegna non esistano prezzi bassi) con specialità della zona: ottimo e abbondante.
Nella nostra stanza da letto all’agriturismo scopriamo con sorpresa una piccola libreria con testi molto belli che parlano del territorio di Oliena e Nuoro sotto tutti i punti di vista: geografico, geologico, naturalistico, etnologico, turistico ecc. Prima di dormire ne sfogliamo alcuni, rimpiangendo di non poter leggere almeno i più interessanti.

Viveri , pernottamento
Nei paesi attraversati si trova tutto il necessario, tra un paese e l’altro si trovano spesso sorgenti per rifornirsi d’acqua.
Per pernottare, oltre al Campeggio citato (Camping Supramonte), vi sono vari agriturismi, basta chiedere. Questa è una zona abbastanza frequentata da turisti, perché facilmente raggiungibile dalla costa.
A Oliena noi siamo stati ospiti dell’Agriturismo di Patrizia Carrus, Via Nino Bixio, 11- Rione S.Giuseppe - Tel. 0784 - 287066

Alcuni luoghi interessanti da segnalare nei dintorni
Da Oliena
: ascensione alla Punta Corrasi m. 1463; la vegetazione alla base dei monti di Oliena è lussureggiante, si fa più rada verso l’alto ma è interessante perché ricca di specie particolari.
Alcune escursioni: - alla sorgente su Gologone (m 99, 10 km da Oliena verso est), di carattere carsico, che sgorga in una polla notevole da una grande fessura nel calcare, attraverso la quale riaffiorano le acque meteoriche del retrostante accidentato altopiano carsico. Il corso d’acqua che tale sorgente forma sbocca poi nel fiume Cedrino.
- alla valle del Lanaittu e ai villaggi nuragici di Sa Sedda, Sos Carros, Serra Orrios
- al complesso nuragico del monte Tiscali, nascosto in una enorme grotta naturale, di cui è crollato il "tetto " (circa 4 ore di cammino).
Da Orgosolo: ascensioni: alla Punta Solitta m 1206; alla Punta sa Pruna m 1416; al Monte Novo S.Giovanni (m 1316), nelle adiacenze del quale vi è la tenuta demaniale di Montes, ove in località Fontanabona si trova la Casa Forestale, a cui si deve chiedere il permesso per percorrere i sentieri della zona.

UNDICESIMA TAPPA: OLIENA - SORGENTI SU GOLOGONE - DORGALI - CALA GONONE (Golfo di Orosei)
km : 35 ; dislivelli : 379 - 99 (sorg. Su Gologone) - 453 (bivio per Cala Gonone) - 16

Nell’agriturismo, la grossa sorpresa è la mattina dopo: colazione in cucina, con vista sul piccolo giardino della signora (Patrizia Carus), dove è riuscita a far stare quasi tutte le piante tipiche dell’isola, dalla macchia al bosco, con qualche intrusione ornamentale (Buganvillea e Liriodendro). Ci offre miele, marmellata, ricotta e pane di sua produzione. Il latte è di capra appena munto, e la ricotta, fresca, è fatta con latte di capra. Mangiamo chiacchierando con lei, che ci spiega che in Sardegna fino a venti anni fa una donna che andava in bici era considerata di facili costumi, per cui nessuna andava in bici. In effetti durante il nostro viaggio non abbiamo mai trovato nessuno in giro in bici nei paesi e fuori, solo i bambini sui rampichini nei centri abitati. La signora ci racconta la sua storia (ha più di sessant’anni, ma ne dimostra 50 al massimo), e i lavori che si facevano una volta, le pareti della cucina infatti sono piene di vecchi attrezzi da lavoro. Dopo questa lunga conversazione andiamo via di malavoglia, ci sembra che varrebbe la pena seguire la nostra padrona di casa nella sua giornata di lavoro, ma abbiamo pochi giorni ancora e dobbiamo tornare.
Da Oliena ci prepariamo ad uscire dalla Sardegna non toccata dal turismo di massa e dal traffico e ad entrare invece nelle zone costiere, frequentatissime soprattutto in estate.
Partiamo per andare alle Sorgenti su Gologone, passando dalla chiesetta di S.Giovanni, che davanti ha un enorme olivo selvatico (oleastro). Visitiamo le sorgenti, luogo molto suggestivo, ma la zona intorno ci ricorda i tipici posti da picnic lungo i fiumi (ci sono più eucalipti che lecci qui), con grande parcheggio per le auto. Per fortuna ora non c’è nessuno.
Ritorniamo sulla strada principale e pedaliamo verso Dorgali: si passa sul ponte del Lago Cedrino, quindi si sale fino al paese. E’ molto grande e sviluppato, si trova di tutto, anche bei negozi di artigianato. Cerchiamo una cartina della zona, ma non ne troviamo che ci soddisfano. Compriamo i viveri per il pranzo e proseguiamo verso la ss125 Orientale Sarda fino oltre il bivio per Cala Gonone. Praticamente da qui verso l’interno si rientra nella parte selvaggia della Sardegna e il bivio per Cala Gonone ne segna un po' il confine, come anche per l’intensità del traffico. Troviamo un buon posto per fermarci e mangiamo prima di scendere attraverso il tunnel sotto la roccia verso Cala Gonone.
Giù troviamo l’unico campeggio e ci fermiamo lì, anche se i prezzi sono altissimi, come se dormissimo in una stanza privata, e, cosa sconcertante, ci fan pagare le bici come una automobile.
Pedaliamo verso il sentiero che porta a Cala Luna, (senza bagagli finalmente), e parcheggiamo le bici al margine della spiaggia: qui è pieno di persone con il rampichino. Proseguiamo a piedi fino dove riteniamo si possa fare un degno bagno: il primo dalla partenza!. Ci godiamo l’ultimo sole, e poi torniamo al camping. Dopo le tipiche trattorie e locande a cui eravamo abituati nell’interno, qui ci sembra di essere a Rimini. Ceniamo in un posto sul mare caro e non particolarmente soddisfacente.
Ci sembra che non valesse la pena venire fin qui da Dorgali, visto anche l’affollamento. Andiamo a informarci sugli orari della corriera che domattina ci porterà a Dorgali e poi dopo un ultimo gelato (qui fa molto più caldo che nelle località di mezza montagna dove siamo stati) andiamo a nanna.

Viveri , pernottamento
Nei paesi attraversati si trova tutto il necessario, tra un paese e l’altro si trovano spesso sorgenti per rifornirsi d’acqua. Per pernottare, oltre al Campeggio citato, vi sono vari agriturismi e alberghi ecc. come in tutti i posti di mare, solo che essendo una zona molto frequentata e famosa i prezzi sono alti.

Alcuni luoghi interessanti da segnalare nei dintorni
Le spiagge e il mare.
La famosa Grotta del Bue marino, escursioni in barca. La ancora più famosa Codula di Luna e Cala luna, meglio se a piedi. Si può partire anche da Urzulei e scendere lungo la valle-canyon di Codula luna (con foreste secolari di lecci e ginepri, lentischi, euforbie eriche e oleandri) che porta a Cala Luna, che deve il suo nome alla levigata e bianca roccia calcarea che la forma.
Grotta degli Ispingoli; Supramonte di Dorgali; villaggio nuragico del Monte Tiscali; Grotta sa Oche, ; la Gola su Gorropu, formata dal Rio Flumineddu sotto il Monte Oddeu (m 1020) e la Punta Cucuttos (m 883).
Le spiagge e il mare.
La famosa Grotta del Bue marino, escursioni in barca. La ancora più famosa Codula di Luna e Cala luna, meglio se a piedi. Si può partire anche da Urzulei e scendere lungo la valle-canyon di Codula luna (con foreste secolari di lecci e ginepri, lentischi, euforbie eriche e oleandri) che porta a Cala Luna, che deve il suo nome alla levigata e bianca roccia calcarea che la forma.
Grotta degli Ispingoli; Supramonte di Dorgali; villaggio nuragico del Monte Tiscali; Grotta sa Oche, ; la Gola su Gorropu, formata dal Rio Flumineddu sotto il Monte Oddeu (m 1020) e la Punta Cucuttos (m 883).

DODICESIMA TAPPA : DORGALI - OROSEI - S.M. DEL MARE - SANTA LUCIA DI SINISCOLA
km : 52 ; dislivelli: 387 - 19 (Orosei) - 51 (Cant. Mutrucone) - 0

TREDICESIMA TAPPA : S.LUCIA DI SINISCOLA - POSADA - BUDONI - S.TEODORO - PADRU - LOIRI - OLBIA
km : 68 ; dislivelli : 0 - 165 (Padru) - 0 km : 68 ; dislivelli : 0 - 165 (Padru) - 0

Le ultime due tappe sono consistite nel raggiungere Olbia in due giorni, passando attraverso il paesaggio del Golfo di Orosei, fermandoci a S.Lucia di Siniscola, frequentatissima località molto piccola e bella con camping a buon prezzo (le bici non pagano) e ben organizzati, con spiagge di tutti i tipi raggiungibili con strade asfaltate e non. La strada percorsa è stata l’Orientale Sarda (ss125), abbastanza trafficata solo nei punti dove la superstrada per Nuoro è ancora in costruzione. Nei punti dove c’era una alternativa valida l’abbiamo scelta (S.Maria ‘e mare a Orosei Santa Lucia, S.Teodoro), allungando di poco il tragitto.
L’ultimo giorno è stato più interessante perché dopo esserci fermati a S.Teodoro per un ultimo bagno (il terzo) siamo passati nell’interno, dove cominciano le immense sugherete, toccando i paesini di S.Giusta, Padru, Loiri, fino alla tappa finale di Olbia porto. L’interno è molto bello anche se al confronto delle zone semidesertiche visitate abbiamo riscontrato alcuni inconvenienti, per esempio non abbiamo trovato neanche una fontana o una sorgente, cosa che fino a quel momento non era mai successo. In genere infatti dove ci sono pastori e non ci sono villaggi si trovano piccoli punti d’acqua ogni 10-20 chilometri. Qui è stata un po’ dura resistere, anche perché è una zona molto più calda. Il paesaggio è molto bello, si ha però l’impressione che lo sia ancora per poco, pressato com’è dal turismo della vicina costa.
E’ bellissimo l’effetto delle montagne che si spingono fino in riva al mare, con la roccia di un rossastro suggestivo.
Dall’interno si fa fatica ad orientarsi, finché non si staglia all’orizzonte l’isola di Tavolara e allora non si hanno dubbi.
Tutti i paesini della costa orientale sono molto interessanti da visitare e così i resti degli stagni formati allo sbocco dei principali torrenti che giungono dall’interno.
Al tramonto siamo giunti a Olbia, trafficatissima, e siamo salpati verso Genova e "il continente", come dicono i Sardi.


Elenco delle tappe con il chilometraggio e i dislivelli:

1° PRIMA TAPPA: CAGLIARI - CAPOTERRA - SANTADI (Monti del Sulcis)

km: Cagliari - Giba: 66 ; Dislivelli: 0 - 473 (Passo Arcu su Schisorgiu) - 59 ; Dislivelli: 0 - 473 (Passo Arcu su Schisorgiu) - 59

2° SECONDA TAPPA : GIBA - VILLAPERUCCIO - NARCAO - TERRASEO - GONNESA (Zona dell’Iglesiente)

km: 40 ; Dislivelli : 59 (Giba) - 125 (Narcao) - 300 (passo) - 100 (bivio per Corongiu) - 400 (passo per Gonnesa) - 42 (Gonnesa) ; Dislivelli : 59 (Giba) - 125 (Narcao) - 300 (passo) - 100 (bivio per Corongiu) - 400 (passo per Gonnesa) - 42 (Gonnesa)

3° TERZA TAPPA: GONNESA - NEBIDA - MASUA - BUGGERRU - S.NICOLAO (Zona litoranea sud occidentale)

km: 30 ; Dislivelli: 42 (Gonnesa) - 500 (passo per Montecani) - 0 (Cala Domestica) - 300 (altopiano per Buggerru) - 0 (S. Nicolao) ; Dislivelli: 42 (Gonnesa) - 500 (passo per Montecani) - 0 (Cala Domestica) - 300 (altopiano per Buggerru) - 0 (S. Nicolao)

4° QUARTA TAPPA: S.NICOLAO - VALLE DI S.LUCIA - INGURTOSO - PISCINAS - ARBUS  (Zona litoranea sud occidentale)

km: 26 ;S.Nicolao - Arbus; Dislivelli : 0 - 200 (valle S.Lucia), 200 - 100 - 480 (Cant. Biderdì) - 400 (agriturismo "Sa perda marcada"). ;S.Nicolao - Arbus; Dislivelli : 0 - 200 (valle S.Lucia), 200 - 100 - 480 (Cant. Biderdì) - 400 (agriturismo "Sa perda marcada").

km: 22 ; Arbus- Piscinas -Arbus ; Dislivelli: 400 - 0 - 400 ; Arbus- Piscinas -Arbus ; Dislivelli: 400 - 0 - 400

5° QUINTA TAPPA: ARBUS - GUSPINI - PABILLONIS - SARDARA - COLLINAS - VILLANOVAFORRU - LUNAMATRONA - PAULI ARBAREI - TUILI - BARUMINI (Piana del Campidano) (Piana del Campidano)

km : 58 ; Dislivelli: 400 - 42 (Pabillonis) - 202 (Barumini) ; Dislivelli: 400 - 42 (Pabillonis) - 202 (Barumini)

6° SESTA TAPPA: BARUMINI - GONNOSNO’ - GIARA DI GESTURI - BARUMINI (Campidano)

km 35 ; Dislivelli : 200 - 560 -200 ; Dislivelli : 200 - 560 -200

7° SETTIMA TAPPA: BARUMINI - GERGEI - MANDAS - SEUI (Monti del Gennargentu - Barbagia)

km: 16 + treno da Mandas a Seùi ; Dislivelli : 202 - 491 in treno: 491 - 800 + treno da Mandas a Seùi ; Dislivelli : 202 - 491 in treno: 491 - 800

8° OTTAVA TAPPA: SEUI - MONTE TONNERI - ARBATAX - SEUI (Monti del Gennargentu - Olliastra) SEUI (Monti del Gennargentu - Olliastra)

km : 80 + ritorno in treno ; Dislivelli : 800 - 0 in bici; 0 - 800 in treno + ritorno in treno ; Dislivelli : 800 - 0 in bici; 0 - 800 in treno

9° NONA TAPPA : SEUI - GENNARGENTU - FONNI (Monti del Gennargentu)

km: 73 ; Dislivelli : 800 - 540 - 1273 (Punta Marcusa) - 1121 (Arcu Guddetorgiu) - 1245 (S’Arcu de Tascussi) - 950 (Riu Aratu) - 1000 (Fonni)

10° DECIMA TAPPA: FONNI - PRATOBELLO - ORGOSOLO - OLIENA

km: 36 ; Dislivelli : 1000 - 393 (Riu Sorasi) - 379 (Oliena) ; Dislivelli : 1000 - 393 (Riu Sorasi) - 379 (Oliena)

11° UNDICESIMA TAPPA: OLIENA - SU GOLOGONE - DORGALI - CALA GONONE

km : 35 ; Dislivelli : 379 - 99 (sorg. Su Gologone) - 453 (bivio per Cala Gonone) - 16 ; Dislivelli : 379 - 99 (sorg. Su Gologone) - 453 (bivio per Cala Gonone) - 16

12° DODICESIMA TAPPA : DORGALI - OROSEI - S.M. DI MARE - SANTA LUCIA DI SINISCOLA

km : 52 ; Dislivelli : 387 - 19 (Orosei) - 51 (Cant. Mutrucone) - 0 ; Dislivelli : 387 - 19 (Orosei) - 51 (Cant. Mutrucone) - 0

13° TREDICESIMA TAPPA : S.LUCIA DI SINISCOLA - POSADA - BUDONI - S.TEODORO- PADRU - LOIRI - OLBIA OLBIA

km : 68 ; Dislivelli : 0 - 165 (Padru) - 0 ; Dislivelli : 0 - 165 (Padru) - 0

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